giovedì 25 novembre 2010

Ho aperto gli occhi e ho creduto di essere stata incollata su un enorme pacco postale.


Cercolavoro.

24 anni.Laurea con lode.Nessuna esperienza lavorativa.Donna.Italiana.

Le definizioni partono a raffica,in ordine di importanza,di “utilità”.Le prime sono scritte in grassetto,impugnando la penna con fermezza,a mo’ di scalpello. Le ultime si presentano con una grafia meno chiara,incerta.Come se dovessero nascondere l’intima consapevolezza che, per ricevere un minimo di considerazione,l’esser donna (e italiana),possa essere  l’etichetta che pesa di più,quella da scrivere in minuscolo,quasi per volerla omettere,sperando che nessuno arrivi a leggerla.

Ieri mi hanno comunicato che devo lasciar libera la camera,prima possibile. Non posso più permettermela. Il prezzo d’affitto è nuovamente lievitato. La sesta volta in 5 anni. Il lavoro al pub non è sufficiente. Ci sono troppe spese da affrontare.Con quei soldi ci pago solo cibo,bollette e spese condominiali.La mia famiglia non può più aiutarmi.La piccola salumeria di mio padre sta per chiudere.Troppi debiti sulle spalle.Troppe tasse.Pochissime entrate.

Ho cercato di inviare ovunque il mio Curriculum vitae. Ho sostenuto colloqui ininterrottamente e per qualsiasi lavoro.  Al giorno d’oggi,una laurea in lettere e filosofia non ti permette di avere alcun pregiudizio circa una possibile occupazione (rigorosamente a tempo determinato,spesso in nero). Non puoi essere esigente. Le leggi di mercato ti hanno già tagliato fuori. Pare che persino il posto come commessa in una catena di alimentari mi sia precluso. “Lei ha troppe competenze”. “Lei non ha competenze”. “Lei non ha le caratteristiche che stavamo cercando”. “Lei non ha esperienza”. “Lei è troppo giovane”. “Cercavamo un uomo”. Queste voci fanno da protagoniste dei miei incubi notturni,quando riesco a chiudere gli occhi per meno di un’ora. E mi sento persino fortunata,perchè per un’ora riesco a far tacere la mia voce,che recita pensieri ben più angoscianti.

Ero riuscita a trovare un posto momentaneo in un call center. Dovevo sostituire per un mese una mia amica. Ho perso anche questa possibilità. Hanno fatto dei tagli (la terza volta in tre mesi),licenziando 20 ragazze,giudicate dai “capi” dell’azienda “inutili ai fini della richiesta attuale”. D’altronde,chi accetta un lavoro come questo,vive costantemente con la paura di esser chiamata,a fine giornata,dal capogruppo. Una chiamata che significa solo un lapidario “qui non è più utile.” Senza un minimo di preavviso. Senza la forza di reclamare i tuoi diritti.Perchè se ti scoprono a parlare con qualche esponente di un sindacato locale,ti buttano fuori a calci in culo,senza beneficio di replica. Nessuno è disposto a perdere,prima di giocarsi da sé la propria chance. Ed ecco che il mercato di esseri umani,ridotti heideggerianamente a “fondo”,ha inizio. Tutto si spersonalizza. Le scrivanie non ospitano più alcuna foto,alcun oggetto identificativo,alcun ricordo di chi ha vissuto lo stesso inferno di te. Tutto è immacolato. Perfettamente in ordine. Come se si volesse accentuare il senso di alinenazione,di mancanza.  Mancanza di te. Della tua vita. Della tua dignità. Perché prima di essere utile a qualcuno o qualcosa,sei un essere umano. Ed è soprattutto questo che ti viene negato:non hai più il diritto di essere un uomo. Ma cos’è l’utilità? Non riesco a trovare una definizione davvero valida. Non riesco nemmeno a concepirla in termini concreti. Mi sembra solo il fantasma di un capitalismo feroce. Un fantasma con artigli e zanne.Un fantasma che ferisce,che aggredisce,che sbrana.Che uccide.

Ho appena ricevuto una telefonata dal docente che mi ha aiutato con la stesura della tesi. Dalla sua voce trapela un evidente entusiasmo . Mi commuove. Non ricordo più da quanto tempo non percepivo entusiasmo,parlando con qualcuno. Negli ultimi tre anni, lo spirito delle mie conversazioni  si è anestetizzato sempre di più,amputato di sogni e illusioni. Ascolto ciò che ha da dire,ma le sue parole di speranza non mi toccano. Non riesco a farne esperienza in me.Non riesco più ad attivare la mia volontà senziente.

Dice che la mia tesi è piaciuta a molti. Dice che può mettermi in contatto con un suo amico,docente universitario,da anni negli Stati Uniti.Dice che si tratta di un’opportunità unica,da non lasciarsi sfuggire:mi servirà per accumulare punteggio.

Ringrazio e prometto di richiamarlo o di raggiungerlo direttamente in facoltà,per discutere bene ogni punto,per analizzare i pro e i contro,anche in termini economici. Per farmi ripetere nuovamente il luogo di destinazione,in modo da scriverlo su  quell’enorme pacco postale al quale mi incollerò,insieme alle mie disillusioni,insieme alla mia inesperienza,insieme ai miei dubbi,insieme alle mie paure,insieme al nostalgico profumo di uno sorriso di mio padre.

24 anni. Laureata con lode.Senza esperienza.Donna.Italiana.

sabato 25 settembre 2010

Parla piano e poi 
non dire quel che hai detto gia’ 
le bugie non invecchiano 
sulle tue labbra aiutano 
tanto poi 
è un’altra solitudine specchiata 
scordiamoci di attendere 
il volto per rimpiangere 
Parla ancora e poi 
dimmi quel che non mi dirai 
versami il veleno di 
quel che hai fatto prima… 
su di noi 
il tempo ha gia’ giocato ha gia’ scherzato 
ora non rimane che 
provar la verita’ 
Che ti da’ che ti da’ 
nascondere negli angoli 
dire non dire 
il gusto di tradire una stagione 
sopra il volto tuo 
pago il pegno di 
volere ancora avere 
ammalarmi di te 
raccontandoti di me 
Quando ami qualcuno 
meglio amarlo davvero e del tutto 
o non prenderlo affatto 
dove hai tenuto nascosto 
finora chi sei? 
cercare mostrare provare una parte di sé 
un paradiso di bugie 
La verita’ non si sa non si sa.. 
come riconoscerla 
cercarla nascosta 
nelle tasche i cassetti il telefono 
che ti da’ che mi da’ 
cercare dietro gli angoli 
celare i pensieri 
morire da soli 
in un’alchimia di desideri 
sopra il volto tuo 
pago il pegno di 
rinunciare a me 
non sapendo dividere 
dividermi con te 
Che ti da’ che mi da’ 
affidarsi a te non fidandomi di me.. 
Sopra il volto tuo 
pago il pegno di 
rinunciare a noi 
dividerti soltanto
nel volto del ricordo.

martedì 31 agosto 2010

Io non lo so.


Inutili le resistenze.
Initili le illusioni.
Io non sono all’altezza di quell’ombra di paglia che ho faticosamente ammucchiato per anni,lì,in un angolo,pronta sempre a ricordami…a ricordarmi cosa? Chi non sono? Chi non potrò mai essere? Chi disprezzo? Sì,perché si disprezza ciò che non si riesce a toccare. Si odia ciò che è a noi superiore. Perché ci ricorda la nostra “pochezza” interiore,le terre bruciate che abbiamo tentato di coltivare,che non saranno mai fertili.
Si cresce con la convizione di avere un qualche talento,un qualcosa verso cui tendere,una strada da raggiungere e seguire. Falsità! Non è per tutti nè l’arrivo né la partenza.
La verità è che mi sono persa,rincorrendo per tutta la vita quell’ombra.
Non ho amato,non ho goduto,non ho vissuto.
Come si finisce ad amare il sé stessi che non si è ?
La vedo costantemente,negli occhi degli altri,nei miei occhi,davanti ad uno specchio,abile buffone.
Eppure la mia pelle lo sa,lo sente:quella che vedo non sono io. Anche ai tuoi occhi ho mentito,giurando il contrario. Non farmene una colpa,credevo ingenuamente di essere sincera.Lo so. Continuo a mentire:è un bisogno carnale,irrinunciabile. E’ il mio nutrimento.
Risalire verso la mia immagine esterna,come cibo che non trova più posto nelle viscere.
Vomitare me,all’esterno.
Rendermi visibile.
E se non fossi nemmeno Lei?E se non fosse nemmeno mia la mano di Colei che non si riconosce in quell’ombra?
Dove sono?
Che senso ha scrivere in prima persona,parlare in prima persona,pensare in prima persona- “io…io…io”-se poi non so nemmeno chi è quell’ “io” che urlo,che ho preso in prestito per trovare un corpo in cui vivere,fingendo?
Forse dovrei scavare,con le mie mani,quelle  sconosciute,nude.
Ma non ci riesco.
Sono stanca,di una stanchezza che paralizza persino il pensiero.
Dite a me stessa che ho paura:si rifiuta di sentirmi.

lunedì 16 agosto 2010

Esperienza della morte.

Nulla sappiamo di questo svanire
che non accade a noi. Non abbiamo ragioni
- ammirazione, odio oppure amore -
da mostrare alla morte la cui bocca una maschera

di tragico lamento stranamente sfigura.
Molte parti ha per noi ancora il mondo. Fino a quando
ci domandiamo se la nostra parte piaccia,
recita anche la morte, benché spiaccia.

Ma quando te ne andasti, un raggio di realtà
irruppe in questa scena per quel varco
che tu ti apristi: vero verde il verde,
il sole vero sole, vero il bosco.

Noi recitiamo ancora. Frasi apprese
con pena e con paura sillabando,
e qualche gesto; ma la tua esistenza,
a noi, al nostro copione sottratta,

ci assale a volte e su di noi scende come
un segno certo di quella realtà;
tanto che trascinati recitiamo
qualche istante la vita non pensando all'applaus
o.

sabato 14 agosto 2010

Infinità.


"Ti ho aspettato fino a dimenticare cosa. Mi è rimasta un'attesa nei risvegli, saltando giù dal letto incontro al giorno. Apro la porta non per uscire, ma per farlo entrare".














giovedì 12 agosto 2010

"Filosofia:perchè non dovrebbe esser attuale?"

L'ultima sigaretta.



"Mi colse un'inquietudine enorme. Pensai: "Giacché mi fa male non fumerò mai più, ma prima voglio farlo per l'ultima volta". Accesi una sigaretta e mi sentii subito liberato dall'inquietudine ad onta che la febbre forse aumentasse e che ad ogni tirata sentissi alle tonsille un bruciore come se fossero state toccate da un tizzone ardente. Finii tutta la sigaretta con l'accuratezza con cui si compie un voto. E, sempre soffrendo orribilmente, ne fumai molte altre durante la malattia. Mio padre andava e veniva col suo sigaro in bocca dicendomi:
- Bravo! Ancora qualche giorno di astensione dal fumo e sei guarito!
Bastava questa frase per farmi desiderare ch'egli se ne andasse presto, presto, per permettermi di correre alla mia sigaretta. Fingevo anche di dormire per indurlo ad allontanarsi prima.
Quella malattia mi procurò il secondo dei miei disturbi: lo sforzo di liberarmi dal primo. Le mie giornate finirono coll'essere piene di sigarette e di propositi di non fumare più e, per dire subito tutto, di tempo in tempo sono ancora tali. La ridda delle ultime sigarette, formatasi a vent'anni, si muove tuttavia. Meno violento è il proposito e la mia debolezza trova nel mio vecchio animo maggior indulgenza. Da vecchi si sorride della vita e di ogni suo contenuto. Posso anzi dire, che da qualche tempo io fumo molte sigarette... che non sono le ultime.
Sul frontispizio di un vocabolario trovo questa mia registrazione fatta con bella scrittura e qualche ornato:
"Oggi, 2 Febbraio 1886, passo dagli studii di legge a quelli di chimica. Ultima sigaretta!!".
Era un'ultima sigaretta molto importante. Ricordo tutte le speranze che l'accompagnarono. M'ero arrabbiato col diritto canonico che mi pareva tanto lontano dalla vita e correvo alla scienza ch'è la vita stessa benché ridotta in un matraccio. Quell'ultima sigaretta significava proprio il desiderio di attività (anche manuale) e di sereno pensiero sobrio e sodo.
Per sfuggire alla catena delle combinazioni del carbonio cui non credevo ritornai alla legge.
Pur troppo! Fu un errore e fu anch'esso registrato da un'ultima sigaretta di cui trovo la data registrata su di un libro. Fu importante anche questa e mi rassegnavo di ritornare a quelle complicazioni del mio, del tuo e del suo coi migliori propositi, sciogliendo finalmente le catene del carbonio. M'ero dimostrato poco idoneo alla chimica anche per la mia deficienza di abilità manuale. Come avrei potuto averla quando continuavo a fumare come un turco?
Adesso che son qui, ad analizzarmi, sono colto da un dubbio: che io forse abbia amato tanto la sigaretta per poter riversare su di essa la colpa della mia incapacità? Chissà se cessando di fumare io sarei divenuto l'uomo ideale e forte che m'aspettavo? Forse fu tale dubbio che mi legò al mio vizio perché è un modo comodo di vivere quello di credersi grande di una grandezza latente. Io avanzo tale ipotesi per spiegare la mia debolezza giovanile, ma senza una decisa convinzione. Adesso che sono vecchio e che nessuno esige qualche cosa da me, passo tuttavia da sigaretta a proposito, e da proposito a sigaretta. Che cosa significano oggi quei propositi? Come quell'igienista vecchio, descritto dal Goldoni, vorrei morire sano dopo di esser vissuto malato tutta la vita?
Una volta, allorché da studente cambiai di alloggio, dovetti far tappezzare a mie spese le pareti della stanza perché le avevo coperte di date. Probabilmente lasciai quella stanza proprio perché essa era divenuta il cimitero dei miei buoni propositi e non credevo più possibile di formarne in quel luogo degli altri.
Penso che la sigaretta abbia un gusto più intenso quand'è l'ultima. Anche le altre hanno un loro gusto speciale, ma meno intenso. L'ultima acquista il suo sapore dal sentimento della vittoria su sé stesso e la speranza di un prossimo futuro di forza e di salute. Le altre hanno la loro importanza perché accendendole si protesta la propria libertà e il futuro di forza e di salute permane, ma va un po' più lontano.
Le date sulle pareti della mia stanza erano impresse coi colori più varii ed anche ad olio. Il proponimento, rifatto con la fede più ingenua, trovava adeguata espressione nella forza del colore che doveva far impallidire quello dedicato al proponimento anteriore. Certe date erano da me preferite per la concordanza delle cifre. Del secolo passato ricordo una data che mi parve dovesse sigillare per sempre la bara in cui volevo mettere il mio vizio: "Nono giorno del nono mese del 1899". Significativa nevvero? Il secolo nuovo m'apportò delle date ben altrimenti musicali: "Primo giorno del primo mese del 1901". Ancor oggi mi pare che se quella data potesse ripetersi, io saprei iniziare una nuova vita.
Ma nel calendario non mancano le date e con un po' d'immaginazione ognuna di esse potrebbe adattarsi ad un buon proponimento. Ricordo, perché mi parve contenesse un imperativo supremamente categorico, la seguente: "Terzo giorno del sesto mese del 1912 ore 24". Suona come se ogni cifra raddoppiasse la posta.
L'anno 1913 mi diede un momento d'esitazione. Mancava il tredicesimo mese per accordarlo con l'anno. Ma non si creda che occorrano tanti accordi in una data per dare rilievo ad un'ultima sigaretta.
Molte date che trovo notate su libri o quadri preferiti, spiccano per la loro deformità. Per esempio il terzo giorno del secondo mese del 1905 ore sei! Ha un suo ritmo quando ci si pensa, perché ogni singola cifra nega la precedente. Molti avvenimenti, anzi tutti, dalla morte di Pio IX alla nascita di mio figlio, mi parvero degni di essere festeggiati dal solito ferreo proposito. Tutti in famiglia si stupiscono della mia memoria per gli anniversarii lieti e tristi nostri e mi credono tanto buono!
Per diminuirne l'apparenza balorda tentai di dare un contenuto filosofico alla malattia dell'ultima sigaretta. Si dice con un bellissimo atteggiamento: "mai più!". Ma dove va l'atteggiamento se si tiene la promessa? L'atteggiamento non è possibile di averlo che quando si deve rinnovare il proposito. Eppoi il tempo, per me, non è quella cosa impensabile che non s'arresta mai. Da me, solo da me, ritorna.
La malattia, è una convinzione ed io nacqui con quella convinzione. Di quella dei miei vent'anni non ricorderei gran cosa se non l'avessi allora descritta ad un medico. Curioso come si ricordino meglio le parole dette che i sentimenti che non arrivarono a scotere l'aria."

giovedì 5 agosto 2010

Nuda.


Nuda sei semplice come una delle tue mani,
liscia, terrestre, minima, rotonda, trasparente,
hai linee di luna, strade di mela,
nuda sei sottile come il grano nudo.
Nuda sei azzurra come la notte a Cuba,
hai rampicanti e stelle nei tuoi capelli,
nuda sei enorme e gialla
come l'estate in una chiesa d'oro.
Nuda sei piccola come una delle tue unghie,
curva, sottile, rosea finché nasce il giorno
e t'addentri nel sotterraneo del mondo.
come in una lunga galleria di vestiti e di lavori:
la tua chiarezza si spegne, si veste, si sfoglia
e di nuovo torna a essere una mano nuda.

- Pablo Neruda


martedì 27 luglio 2010

Pupi siamo caro Fifi, lo spirito santo entra in noi e si fa pupo.



"Cadeva ogni orgoglio. Vedere le cose con occhi che non potevano sapere come gli altri occhi intanto le vedevano. Parlare per non intendersi. Non valeva più nulla essere per sé qualche cosa. E nulla più era vero, se nessuna cosa per sé era vera. Ciascuno per suo conto l'assumeva come tale e se ne appropriava per riempire comunque la sua solitudine e far consistere in qualche modo, giorno per giorno, la sua vita."

Dove è ancora tutto da sbagliare.



"Ma come vorrei avere i tuoi occhi, spalancati sul mondo come carte assorbenti
e le tue risate pulite e piene, quasi senza rimorsi o pentimenti,
ma come vorrei avere da guardare ancora tutto come i libri da sfogliare
e avere ancora tutto, o quasi tutto, da provare.

[...]Anche se non avrai le mie risse terrose di campi, cortile e di strade
e non saprai che sapore ha il sapore dell' uva rubato a un filare,
presto ti accorgerai com'è facile farsi un' inutile software di scienza
e vedrai che confuso problema è adoprare la propria esperienza...
Culodritto, cosa vuoi che ti dica? Solo che costa sempre fatica
e che il vivere è sempre quello, ma è storia antica, Culodritto...

dammi ancora la mano, anche se quello stringerla è solo un pretesto
per sentire quella tua fiducia totale che nessuno mi ha dato o mi ha mai chiesto;
vola, vola tu, dov' io vorrei volare verso un mondo dove è ancora tutto da fare
e dove è ancora tutto, o quasi tutto...
vola, vola tu, dov' io vorrei volare verso un mondo dove è ancora tutto da fare
e dove è ancora tutto, o quasi tutto, da sbagliare".

lunedì 26 luglio 2010

Sara

"Sara è incinta. L'azienda lo ha saputo e non le rinnova il contratto. Se una donna con un contratto a progetto resta incinta può scegliere se perdere il lavoro, perdere il bambino o convincere Piersilvio Berlusconi che è lui il padre. Sara ha optato per la numero uno e si è messa a studiare inglese. Non perché pensa che così avrà più possibilità di trovare un posto, ma perché è sicura che suo figlio andrà a lavorare all'estero. Le ho detto che quando suo figlio sarà grande forse in Italia si potrà di nuovo crescere e lavorare. Mi ha detto che no, c'è troppa distanza ormai con il resto d'Europa. In Europa, in effetti, alle superiori ci sono 4 ore di informatica. In Italia, dopo i i tagli, l'ora di informatica è stata sostituita con l'ora di pallottoliere. In Europa ci sono le borse di studio per i corsi di laurea. In Italia, da settembre, non ci saranno nemmeno più i corsi di laurea (la Gelmini è corsa ai ripari: il governo semplificherà le definizioni delle parole crociate). In Europa i treni arrivano in orario. In Italia arrivano in orario le tangenti per costruire i treni. In Europa se vuoi vedere un elefante sui pattini devi andare allo zoo. In Italia se vuoi vedere un elefante sui pattini devi guardare il Tg1. In Europa se l'opposizione alza la voce sta litigando con la maggioranza. In Italia se l'opposizione alza la voce sta litigando. Se sorvoli l'Europa e vedi una chiazza azzurra è un lago. Se sorvoli l'Italia e vedi una chiazza azzurra è il parcheggio delle auto blu. In Europa gli omosessuali possono sposarsi. Anche in Italia. Ma devono stare attenti a non farsi beccare dalla moglie con un uomo. In Europa c'è la crisi e c'è chi nasconde i risparmi sotto al materasso. In Italia la crisi è così grave che sotto al materasso nascondono i Gratta e Vinci. In Europa se un ministro viene accusato di appropriazione inbebita deve dimettersi. Se in Italia uno viene accusato di appropriazione indebita deve diventare ministro. In Europa un adulto su tre crede ancora a Babbo Natale. In Italia lo vota." Francesca Fornario (l'Unità)

sabato 24 luglio 2010

Scirocco.

"Ricordi le strade erano piene di quel lucido scirocco
che trasforma la realtà abusata e la rende irreale

."


lunedì 19 luglio 2010

Alla Memoria.

19/07/2010:giornata interamente dedicata alla memoria di Paolo Borsellino.
Alla Memoria!
Lo stesso Stato che l'ha AMMAZZATO,oggi lo RICORDA,perpetrando un cordoglio di facciata che ha il puzzo di una storia coperta da tonnellate di letame,per nascondere il sangue versato che non vuole smettere di sgorgare dalla terra.
Uno Stato privo di Memoria storica OGGI RICORDA Borsellino.
Qualche servizio montato brevemente in ogni Tg nazionale (il Tg1 dovrà rinunciare al suo reportage sulla movida polare dei pinguini ballerini,ma gli ordini sono ordini:verrà posticipato all'edizione delle venti!),qualche intervista riesumata,qualche commento su quanto sono cattivi i mafiosi meridionali (eh sì,perchè la mafia esiste solo in Terronia!La merda che gira in borse di pelle firmate al nord è pura e profumata:non è mica Mafia quella!Si chiama business!),le urla di rabbia di un parente della vittima(meglio far finta di dargli spazio oggi,piuttosto che ascoltarlo realmente in periodi dell'anno più delicati per la classe politica italiana:sia mai che si dia un'immagine negativa del paese,rispettando,non solo commemorando, uomini che hanno dato la vita e daranno la vita per quello stesso Stato che li rinnega,che li considera scomodi,che regala una medaglia d'onore e un grosso calcio in culo alle loro famiglie).
Sì,fate pure finta di lavarvi le coscienze con una mano... e con l'altra continuate pure a scavare nel fango!
Io non assisterò alla vostra orchestrata commedia:da pessima attrice di me stessa,me ne tiro fuori.
Le parole sono prive di consistenza,sono labili,scompaiono dentro una pagina di giornale o un libro non letto. Io mi nutro dei visi di quella gente(tanta) che continua a "fare il suo dovere civile"(come avrebbe detto Paolo),mi nutro delle mani di quei cittadini onesti che non smettono mai di tenere la schiena dritta e la testa alta,mi nutro del loro dolore,trasformato in azione e lotta contro un sistema che non gli appartiene e che (loro lo sanno bene!) li inghiottirà. Questi ricordano ogni fottutissimo giorno i loro "eroi" (uomini onesti,normali,in un paese dove la normalità è un'utopia).




"La sensazione di essere un sopravvissuto e di
trovarmi in estremo pericolo, è una sensazione che non si disgiunge
dal fatto che io credo ancora profondamente nel lavoro che faccio, 
so che è necessario che lo faccia, so che è necessario che lo 
facciano tanti altri assieme a me . E so anche che tutti noi abbiamo
il dovere morale di continuarlo a fare senza
lasciarci condizionare dalla sensazione o , vorrei dire, dalla certezza
che tutto questo può costarci caro." (Paolo Borsellino, a 20 giorni
da quel 19 luglio 1992)

domenica 18 luglio 2010

Le vent nous portera.

Febbre.


 "E voglio giocare a nascondino e darti i miei vestiti e dirti che mi piacciono le tue scarpe e sedermi sugli scalini mentre fai il bagno e massaggiarti il collo e baciarti i piedi e tenerti la mano e andare a cena fuori e non farci caso se mangi dal mio piatto e incontrarti da Rudy e parlare della giornata e battere a macchina le tue lettere e portare le tue scatole e ridere della tua paranoia e darti nastri che non ascolti e guardare film bellissimi e guardare film orribili e lamentarmi della radio e fotografarti mentre dormi e svegliarmi per portarti caffè brioches e ciambella e andare da Florent e bere caffè a mezzanotte e farmi rubare tutte le sigarette e non trovare mai un fiammifero e dirti quali programmi ho visto in tv la notte prima e portarti a far vedere l’occhio e non ridere delle tue barzellette e desiderarti di mattina ma lasciarti dormire ancora un po’ e baciarti la schiena e carezzarti la pelle e dirti quanto amo i tuoi capelli i tuoi occhi le tue labbra il tuo collo i tuoi seni il tuo culo e sedermi a fumare sulle scale finché il tuo vicino non torna a casa e sedermi a fumare sulle scale finché tu non torni a casa e preoccuparmi se fai tardi e meravigliarmi se torni presto e portarti girasoli e andare alla tua festa e ballare fino a diventare nero e essere mortificato quando sbaglio e felice quando mi perdoni e guardare le tue foto e desiderare di averti sempre conosciuta e sentire la tua voce nell’orecchio e sentire la tua pelle sulla mia pelle e spaventarmi quando sei arrabbiata e hai un occhio che è diventato rosso e l’altro blu e i capelli tutti a sinistra e la faccia orientale e dirti che sei splendida e abbracciarti se sei angosciata e stringerti se stai male e aver voglia di te se sento il tuo odore e darti fastidio quando ti tocco e lamentarmi quando sono con te e lamentarmi quando non sono con te e sbavare dietro ai tuoi seni e coprirti la notte e avere freddo quando prendi tutta la coperta e caldo quando non lo fai e sciogliermi quando sorridi e dissolvermi quando ridi e non capire perché credi che ti rifiuti visto che non ti rifiuto e domandarmi come hai fatto a pensare che ti avessi rifiutato e chiedermi chi sei ma accettarti chiunque tu sia e raccontarti dell’angelo dell’albero il bambino della foresta incantata che attraversò volando gli oceani per amor tuo e scrivere poesie per te e chiedermi perché non mi credi e provare un sentimento così profondo da non trovare le parole per esprimerlo e aver voglia di comperarti un gattino di cui diventerei subito geloso perché riceverebbe più attenzioni di me e tenerti a letto quando devi andare via e piangere come un bambino quando te ne vai e schiacciare gli scarafaggi e comprarti regali che non vuoi e riportarmeli via e chiederti di sposarmi e dopo che mi hai detto ancora una volta di no continuare a chiedertelo perché anche se credi che non lo voglia davvero io lo voglio veramente sin dalla prima volta che te l’ho chiesto e andare in giro per la città pensando che è vuota senza di te e volere quello che vuoi tu e pensare che mi sto perdendo ma sapere che con te sono al sicuro e raccontarti il peggio di me e cercare di darti il meglio perché è questo che meriti e rispondere alle tue domande anche quando potrei non farlo e cercare di essere onesto perché so che preferisci così e sapere che è finita ma restare ancora dieci minuti prima che tu mi cacci per sempre dalla tua vita e dimenticare chi sono e cercare di esserti vicino perché è bello imparare a conoscerti e ne vale di sicuro la pena e parlarti in un pessimo tedesco e in un ebraico ancora peggiore e far l’amore con te alle tre di mattina e non so come non so come non so come comunicarti qualcosa dell’assoluto eterno indomabile incondizionato inarrestabile irrazionale razionalissimo costante infinito amore che ho per te."
Sarah Kane

sabato 17 luglio 2010



"Nel mio tedio presente non c'è quiete nè nobiltà,nè benessere del malessere.C'è un enorme annullamento di ogni gesto compiuto,
e non una stanchezza virtuale dei gesti che non compirò."

Abitudine.

Aria immobile.
Per anni sei costretto a nuotarci dentro.
Per anni i tuoi polmoni non conoscono altro gusto.
Per anni i disegni della tua mente faticano a prender forma definita.
Per anni. Troppi.
Poi un giorno.
Un giorno muovi il culo da quell’angolo di carta che ti sei costruito.
Un giorno avverti un leggero brusìo dentro .
Un giorno le tue gambe acquistano capacità di movimento perdute.
Sublime appagamento.
Vittoria sulla staticità.
Fugace.
No.
Non sei tu l’incoronato vincitore.
Non sei tu ad avanzare con passo deciso.
Non è la tua volontà a volerlo.
Non è un tuo bisogno a renderlo necessario.
Il Tempo.
È Lui a decidere il “momento”.
È Lui a farsi vivo senza preavviso.
È Lui a scegliere per te un altro brandello di terra.
È Lui l’uccisore della staticità.
È Lui.
A te rimane solo l’accettazione passiva della tua nuova collocazione.
A te rimane solo la finta bugia di un atto volontario.
A te rimane il te stesso di prima, traslato in un diverso piano di riferimento.
Aria immobile.
Di nuovo aria stagnante.
In un attimo tutto diventa identico.
Il tuo corpo torna a farsi pesante e pesantemente ancorato a quell’angolo di carta.
È fottutamente imbarazzante notare con quale velocità il “nuovo” invecchia.
Abitudine.
L’Abitudine è il frutto tangibile del tempo che divora le tue carni.
Tutto è Abitudine.
Tu sei Abitudine.
Tu sei Tempo.
Scoprirai che a cancellare i tuoi giorni,
ad appesantire le tue ossa
è nessun altro se non Tu.
Infinito.
Prolungamento di infinti spazi e di infinite vite.
Nel tuo essere: il Tutto.
Passato.
Presente.
Futuro.
Ieri.
Oggi.
Domani.
Sei Tu.
Nessun altro.
Uccidi il tuo carnefice,
il tuo carceriere,
il tuo boia.
Uccidi il Tempo.
Ucciderai Te Stesso.

venerdì 16 luglio 2010

Il Vampiro.

O tu, che come un coltello sei penetrata nel mio cuore gemente: o tu, che come un branco di demoni, venisti, folle e ornatissima,

a fare del mio spirito umiliato il tuo letto e il tuo regno - infame cui sono legato come il forzato alla catena,

come il giocatore testardo al gioco, come l'ubbriaco alla bottiglia, come i vermi alla carogna - maledetta, sii tu maledetta!

Ho chiesto alla veloce lama di farmi riconquistare la libertà, ho detto al perfido veleno di venire in soccorso della mia vigliaccheria.

Ahimè, che il veleno e la lama m'hanno disdegnato, e m'hanno detto: "Tu non sei degno di venir sottratto alla tua maledetta schiavitù,

imbecille! Se i nostri sforzi ti liberassero, i tuoi baci risusciterebbero il cadavere del tuo vampiro.

(Baudelaire,Il Vampiro)



Entrami dentro

Violentami

Trafiggimi

Divorami

Succhiami

Graffiami

Bevi di me fino al midollo

Per me

Che ho messo via le maschere.



giovedì 15 luglio 2010

Il "nessuno" di tutti.

Sono diventato una figura da libro, una vita letta. Quello che sento senza volerlo lo sento per poter scrivere di averlo sentito. Quello che penso diventa subito parole, si mescola con immagini che lo disfano, si apre in ritmi che sono un’altra cosa. A forza di ricompormi mi sono distrutto. A forza di pensarmi, io sono ormai i miei pensieri e non più io. Ho sondato me stesso e ho lasciato cadere la sonda; vivo pensando se sono profondo oppure se non lo sono, senz’altra sonda, ormai, al di là del mio sguardo che mi mostra con chiarezza in nero, nello specchio del grande pozzo, il mio volto che mi contempla nell’atto di contemplarlo.

Come se esistesse un altro sé, come se fossimo immagine riflessa, in questo continuo gioco di rimandi può capitare di non vivere più. Si diventa fragili frasi incise su carta, personaggi e non più persone, ogni sentimento è vissuto attraverso il filtro della narrazione. Ci si vede incastonati in belle parole che ci rappresentano, ma che non possono mai essere veramente. Si vive una vita per procura, nell’attesa del cambiamento, nell’attesa che tutto si compia o che finalmente finisca. Ma esiste qualcosa che davvero ha termine? l'ingranaggio che ci ingloba prescinde da qualsiasi forma di volontà, è un continuo fluire il cui inizio si è ormai sbiadito nel ricordo e che non può finire perché proseguirà nel sogno di qualcun altro. Nessuna pace possiamo conoscere, perfino il sonno, che è una caricatura della morte, diviene tormento, susseguirsi di immagini, ombre notturne, errori che perseguitano, eco di voci senza forma.

Sono una specie di carta da gioco dal seme antico e sconosciuto sopravvissuta al mazzo perduto. Non ho alcun senso, non conosco il mio valore, non ho nulla a cui mi possa paragonare per potermi trovare, non ho nulla a cui possa servire per potermi conoscere. E così, attraverso le immagini successive con le quali descrivo me stesso (non senza verità, ma con menzogne), io vado vivendo nelle immagini più che in me, raccontandomi fino a scomparire, scrivendo con l’anima come se fosse inchiostro: un’anima che ha la sola utilità di servire a scrivere. Ma questa reazione cessa, e mi rassegno di nuovo. Torno a ciò che sono, anche se non è nulla. E una sorta di lacrime senza pianto bruciano nei miei occhi sbarrati, una sorta di angoscia che non c’è stata mi gonfia aspramente la gola secca. Ma, ahimè, non so che cosa avrei pianto se avessi pianto, né perché non ho pianto. La finzione mi accompagna come la mia ombra. E l’unica cosa che voglio è dormire.

F.Pessoa

C'ha trombato la miseria e semo rimasti incinta.



Crisi:momento di lucidità.

Eccomi di nuovo
dentro te
ci sto così bene
ma non posso più tardare
galleggio tutto intorno in ibernazione liquida
in un hotel collegato alla corrente
ma l'attesa non mi lascia a mio agio
prendo a calci la fragilità
e urlo – devo andare - aiuto
esplodo e la pace se n'è andata
bagnandomi in una nuova luce
piango e urlo - disconnesso
un cervello in rovina mi porta al petto
e nutrito dai sonnambuli.

16:30

16:35

16:53

17:01

Il tempo meccanico tenta di connettersi con il mio cervello.Di attirare la mia attenzione,sovrapponendo il nero dei numeri al nero sfumato delle mie pupille dilatate.

Sento che sta per arrivare.Ne avverto il peso.Ne percepisco l’odore acre.

Vedo muovere il mio corpo.Lo spio da uno specchio.Di schiena.

Dirigo lo sguardo in basso.Cerco ansiosamente il riflesso della mia sagoma.Quasi come avvessi il bisogno di trovare un testimone.Di afferrare la prova tangibile della mia esistenza fisica.Almeno quella.

Mi sforzo,fin quasi a vedermi sbiadire.Ho perso il controllo degli occhi.Anche quelli.

Il calore di una Lucky Strike mai fumata mi trasmette l’energia minima per portare la mano fino alla bocca.

Aspiro voracemente:ho paura di non resistere all’apnea momentanea.

Il fumo mi divora l’interno.Brucia..Lo sputo.

Mi sento respirare,come se io stessa fossi l’esterno che mi vede vivere.

Fluttuo,ma avverto la pesantezza del mio corpo.Come un ubriaco che tenta di trascinare il suo compagno di bevute,che adesso giace a terra,privo di sensi.

Eccola.Col suo corpo sinuoso,insidioso,da puttana.

E’ lei:l’incantatrice,la traditrice, l’adultera.

Il suo timbro è vibrante,ineffabile,sgraziato,metallico.

Sento il suo fuoco farsi sempre più vicino alle mie viscere in ebollizione.

Trattengo il respiro.Riconosco i tumulti della vita nel mio petto solo in uno stato di coma sensoriale.

Lei è qui.Mi sfiora viscidamente i capelli e affonda i rami delle sue dita sulla mia testa.

Sogno di fuggire dalla sua morsa:mi illudo per un tempo troppo breve,sono troppo stanca.

“Riesco a sentirli,sai?!Riesco a sentirli i gemiti della tua vittoria.”

Lei mi ha in pungo.Sono un gioco che ha già vinto in partenza.

Ma Lei insiste.Finge. Insaziabile è la sua sete di conquista. Ha bisogno di inventare persino le mie resistenze.

Sono il cadavere pronto all’autopsia. Non avverto nemmeno il bisturi della sua lingua penetrare nelle mie carni ormai fredde,inermi,plastiche come se mai avessero ospitato vita.

Strato epidermico,mucose,muscoli,organi interni:è tutto suo.

Attendo impaziente il momento in cui finirà di saziarsi di me.

Lo desidero con tutto ciò che rimane di me su quel tavolo di sangue.

Ma Lei è avida.

Lei non accetta ordini.

Lei è prepotente.

Nega ad un morto la possibilità di desiderare qualcosa che non sia Lei.

Decide di ricucirmi:non può permettersi di perdere per sempre la possibilità di giocare e vincere ancora.

Io le servo.E le servo viva.