martedì 27 luglio 2010

Pupi siamo caro Fifi, lo spirito santo entra in noi e si fa pupo.



"Cadeva ogni orgoglio. Vedere le cose con occhi che non potevano sapere come gli altri occhi intanto le vedevano. Parlare per non intendersi. Non valeva più nulla essere per sé qualche cosa. E nulla più era vero, se nessuna cosa per sé era vera. Ciascuno per suo conto l'assumeva come tale e se ne appropriava per riempire comunque la sua solitudine e far consistere in qualche modo, giorno per giorno, la sua vita."

Dove è ancora tutto da sbagliare.



"Ma come vorrei avere i tuoi occhi, spalancati sul mondo come carte assorbenti
e le tue risate pulite e piene, quasi senza rimorsi o pentimenti,
ma come vorrei avere da guardare ancora tutto come i libri da sfogliare
e avere ancora tutto, o quasi tutto, da provare.

[...]Anche se non avrai le mie risse terrose di campi, cortile e di strade
e non saprai che sapore ha il sapore dell' uva rubato a un filare,
presto ti accorgerai com'è facile farsi un' inutile software di scienza
e vedrai che confuso problema è adoprare la propria esperienza...
Culodritto, cosa vuoi che ti dica? Solo che costa sempre fatica
e che il vivere è sempre quello, ma è storia antica, Culodritto...

dammi ancora la mano, anche se quello stringerla è solo un pretesto
per sentire quella tua fiducia totale che nessuno mi ha dato o mi ha mai chiesto;
vola, vola tu, dov' io vorrei volare verso un mondo dove è ancora tutto da fare
e dove è ancora tutto, o quasi tutto...
vola, vola tu, dov' io vorrei volare verso un mondo dove è ancora tutto da fare
e dove è ancora tutto, o quasi tutto, da sbagliare".

lunedì 26 luglio 2010

Sara

"Sara è incinta. L'azienda lo ha saputo e non le rinnova il contratto. Se una donna con un contratto a progetto resta incinta può scegliere se perdere il lavoro, perdere il bambino o convincere Piersilvio Berlusconi che è lui il padre. Sara ha optato per la numero uno e si è messa a studiare inglese. Non perché pensa che così avrà più possibilità di trovare un posto, ma perché è sicura che suo figlio andrà a lavorare all'estero. Le ho detto che quando suo figlio sarà grande forse in Italia si potrà di nuovo crescere e lavorare. Mi ha detto che no, c'è troppa distanza ormai con il resto d'Europa. In Europa, in effetti, alle superiori ci sono 4 ore di informatica. In Italia, dopo i i tagli, l'ora di informatica è stata sostituita con l'ora di pallottoliere. In Europa ci sono le borse di studio per i corsi di laurea. In Italia, da settembre, non ci saranno nemmeno più i corsi di laurea (la Gelmini è corsa ai ripari: il governo semplificherà le definizioni delle parole crociate). In Europa i treni arrivano in orario. In Italia arrivano in orario le tangenti per costruire i treni. In Europa se vuoi vedere un elefante sui pattini devi andare allo zoo. In Italia se vuoi vedere un elefante sui pattini devi guardare il Tg1. In Europa se l'opposizione alza la voce sta litigando con la maggioranza. In Italia se l'opposizione alza la voce sta litigando. Se sorvoli l'Europa e vedi una chiazza azzurra è un lago. Se sorvoli l'Italia e vedi una chiazza azzurra è il parcheggio delle auto blu. In Europa gli omosessuali possono sposarsi. Anche in Italia. Ma devono stare attenti a non farsi beccare dalla moglie con un uomo. In Europa c'è la crisi e c'è chi nasconde i risparmi sotto al materasso. In Italia la crisi è così grave che sotto al materasso nascondono i Gratta e Vinci. In Europa se un ministro viene accusato di appropriazione inbebita deve dimettersi. Se in Italia uno viene accusato di appropriazione indebita deve diventare ministro. In Europa un adulto su tre crede ancora a Babbo Natale. In Italia lo vota." Francesca Fornario (l'Unità)

sabato 24 luglio 2010

Scirocco.

"Ricordi le strade erano piene di quel lucido scirocco
che trasforma la realtà abusata e la rende irreale

."


lunedì 19 luglio 2010

Alla Memoria.

19/07/2010:giornata interamente dedicata alla memoria di Paolo Borsellino.
Alla Memoria!
Lo stesso Stato che l'ha AMMAZZATO,oggi lo RICORDA,perpetrando un cordoglio di facciata che ha il puzzo di una storia coperta da tonnellate di letame,per nascondere il sangue versato che non vuole smettere di sgorgare dalla terra.
Uno Stato privo di Memoria storica OGGI RICORDA Borsellino.
Qualche servizio montato brevemente in ogni Tg nazionale (il Tg1 dovrà rinunciare al suo reportage sulla movida polare dei pinguini ballerini,ma gli ordini sono ordini:verrà posticipato all'edizione delle venti!),qualche intervista riesumata,qualche commento su quanto sono cattivi i mafiosi meridionali (eh sì,perchè la mafia esiste solo in Terronia!La merda che gira in borse di pelle firmate al nord è pura e profumata:non è mica Mafia quella!Si chiama business!),le urla di rabbia di un parente della vittima(meglio far finta di dargli spazio oggi,piuttosto che ascoltarlo realmente in periodi dell'anno più delicati per la classe politica italiana:sia mai che si dia un'immagine negativa del paese,rispettando,non solo commemorando, uomini che hanno dato la vita e daranno la vita per quello stesso Stato che li rinnega,che li considera scomodi,che regala una medaglia d'onore e un grosso calcio in culo alle loro famiglie).
Sì,fate pure finta di lavarvi le coscienze con una mano... e con l'altra continuate pure a scavare nel fango!
Io non assisterò alla vostra orchestrata commedia:da pessima attrice di me stessa,me ne tiro fuori.
Le parole sono prive di consistenza,sono labili,scompaiono dentro una pagina di giornale o un libro non letto. Io mi nutro dei visi di quella gente(tanta) che continua a "fare il suo dovere civile"(come avrebbe detto Paolo),mi nutro delle mani di quei cittadini onesti che non smettono mai di tenere la schiena dritta e la testa alta,mi nutro del loro dolore,trasformato in azione e lotta contro un sistema che non gli appartiene e che (loro lo sanno bene!) li inghiottirà. Questi ricordano ogni fottutissimo giorno i loro "eroi" (uomini onesti,normali,in un paese dove la normalità è un'utopia).




"La sensazione di essere un sopravvissuto e di
trovarmi in estremo pericolo, è una sensazione che non si disgiunge
dal fatto che io credo ancora profondamente nel lavoro che faccio, 
so che è necessario che lo faccia, so che è necessario che lo 
facciano tanti altri assieme a me . E so anche che tutti noi abbiamo
il dovere morale di continuarlo a fare senza
lasciarci condizionare dalla sensazione o , vorrei dire, dalla certezza
che tutto questo può costarci caro." (Paolo Borsellino, a 20 giorni
da quel 19 luglio 1992)

domenica 18 luglio 2010

Le vent nous portera.

Febbre.


 "E voglio giocare a nascondino e darti i miei vestiti e dirti che mi piacciono le tue scarpe e sedermi sugli scalini mentre fai il bagno e massaggiarti il collo e baciarti i piedi e tenerti la mano e andare a cena fuori e non farci caso se mangi dal mio piatto e incontrarti da Rudy e parlare della giornata e battere a macchina le tue lettere e portare le tue scatole e ridere della tua paranoia e darti nastri che non ascolti e guardare film bellissimi e guardare film orribili e lamentarmi della radio e fotografarti mentre dormi e svegliarmi per portarti caffè brioches e ciambella e andare da Florent e bere caffè a mezzanotte e farmi rubare tutte le sigarette e non trovare mai un fiammifero e dirti quali programmi ho visto in tv la notte prima e portarti a far vedere l’occhio e non ridere delle tue barzellette e desiderarti di mattina ma lasciarti dormire ancora un po’ e baciarti la schiena e carezzarti la pelle e dirti quanto amo i tuoi capelli i tuoi occhi le tue labbra il tuo collo i tuoi seni il tuo culo e sedermi a fumare sulle scale finché il tuo vicino non torna a casa e sedermi a fumare sulle scale finché tu non torni a casa e preoccuparmi se fai tardi e meravigliarmi se torni presto e portarti girasoli e andare alla tua festa e ballare fino a diventare nero e essere mortificato quando sbaglio e felice quando mi perdoni e guardare le tue foto e desiderare di averti sempre conosciuta e sentire la tua voce nell’orecchio e sentire la tua pelle sulla mia pelle e spaventarmi quando sei arrabbiata e hai un occhio che è diventato rosso e l’altro blu e i capelli tutti a sinistra e la faccia orientale e dirti che sei splendida e abbracciarti se sei angosciata e stringerti se stai male e aver voglia di te se sento il tuo odore e darti fastidio quando ti tocco e lamentarmi quando sono con te e lamentarmi quando non sono con te e sbavare dietro ai tuoi seni e coprirti la notte e avere freddo quando prendi tutta la coperta e caldo quando non lo fai e sciogliermi quando sorridi e dissolvermi quando ridi e non capire perché credi che ti rifiuti visto che non ti rifiuto e domandarmi come hai fatto a pensare che ti avessi rifiutato e chiedermi chi sei ma accettarti chiunque tu sia e raccontarti dell’angelo dell’albero il bambino della foresta incantata che attraversò volando gli oceani per amor tuo e scrivere poesie per te e chiedermi perché non mi credi e provare un sentimento così profondo da non trovare le parole per esprimerlo e aver voglia di comperarti un gattino di cui diventerei subito geloso perché riceverebbe più attenzioni di me e tenerti a letto quando devi andare via e piangere come un bambino quando te ne vai e schiacciare gli scarafaggi e comprarti regali che non vuoi e riportarmeli via e chiederti di sposarmi e dopo che mi hai detto ancora una volta di no continuare a chiedertelo perché anche se credi che non lo voglia davvero io lo voglio veramente sin dalla prima volta che te l’ho chiesto e andare in giro per la città pensando che è vuota senza di te e volere quello che vuoi tu e pensare che mi sto perdendo ma sapere che con te sono al sicuro e raccontarti il peggio di me e cercare di darti il meglio perché è questo che meriti e rispondere alle tue domande anche quando potrei non farlo e cercare di essere onesto perché so che preferisci così e sapere che è finita ma restare ancora dieci minuti prima che tu mi cacci per sempre dalla tua vita e dimenticare chi sono e cercare di esserti vicino perché è bello imparare a conoscerti e ne vale di sicuro la pena e parlarti in un pessimo tedesco e in un ebraico ancora peggiore e far l’amore con te alle tre di mattina e non so come non so come non so come comunicarti qualcosa dell’assoluto eterno indomabile incondizionato inarrestabile irrazionale razionalissimo costante infinito amore che ho per te."
Sarah Kane

sabato 17 luglio 2010



"Nel mio tedio presente non c'è quiete nè nobiltà,nè benessere del malessere.C'è un enorme annullamento di ogni gesto compiuto,
e non una stanchezza virtuale dei gesti che non compirò."

Abitudine.

Aria immobile.
Per anni sei costretto a nuotarci dentro.
Per anni i tuoi polmoni non conoscono altro gusto.
Per anni i disegni della tua mente faticano a prender forma definita.
Per anni. Troppi.
Poi un giorno.
Un giorno muovi il culo da quell’angolo di carta che ti sei costruito.
Un giorno avverti un leggero brusìo dentro .
Un giorno le tue gambe acquistano capacità di movimento perdute.
Sublime appagamento.
Vittoria sulla staticità.
Fugace.
No.
Non sei tu l’incoronato vincitore.
Non sei tu ad avanzare con passo deciso.
Non è la tua volontà a volerlo.
Non è un tuo bisogno a renderlo necessario.
Il Tempo.
È Lui a decidere il “momento”.
È Lui a farsi vivo senza preavviso.
È Lui a scegliere per te un altro brandello di terra.
È Lui l’uccisore della staticità.
È Lui.
A te rimane solo l’accettazione passiva della tua nuova collocazione.
A te rimane solo la finta bugia di un atto volontario.
A te rimane il te stesso di prima, traslato in un diverso piano di riferimento.
Aria immobile.
Di nuovo aria stagnante.
In un attimo tutto diventa identico.
Il tuo corpo torna a farsi pesante e pesantemente ancorato a quell’angolo di carta.
È fottutamente imbarazzante notare con quale velocità il “nuovo” invecchia.
Abitudine.
L’Abitudine è il frutto tangibile del tempo che divora le tue carni.
Tutto è Abitudine.
Tu sei Abitudine.
Tu sei Tempo.
Scoprirai che a cancellare i tuoi giorni,
ad appesantire le tue ossa
è nessun altro se non Tu.
Infinito.
Prolungamento di infinti spazi e di infinite vite.
Nel tuo essere: il Tutto.
Passato.
Presente.
Futuro.
Ieri.
Oggi.
Domani.
Sei Tu.
Nessun altro.
Uccidi il tuo carnefice,
il tuo carceriere,
il tuo boia.
Uccidi il Tempo.
Ucciderai Te Stesso.

venerdì 16 luglio 2010

Il Vampiro.

O tu, che come un coltello sei penetrata nel mio cuore gemente: o tu, che come un branco di demoni, venisti, folle e ornatissima,

a fare del mio spirito umiliato il tuo letto e il tuo regno - infame cui sono legato come il forzato alla catena,

come il giocatore testardo al gioco, come l'ubbriaco alla bottiglia, come i vermi alla carogna - maledetta, sii tu maledetta!

Ho chiesto alla veloce lama di farmi riconquistare la libertà, ho detto al perfido veleno di venire in soccorso della mia vigliaccheria.

Ahimè, che il veleno e la lama m'hanno disdegnato, e m'hanno detto: "Tu non sei degno di venir sottratto alla tua maledetta schiavitù,

imbecille! Se i nostri sforzi ti liberassero, i tuoi baci risusciterebbero il cadavere del tuo vampiro.

(Baudelaire,Il Vampiro)



Entrami dentro

Violentami

Trafiggimi

Divorami

Succhiami

Graffiami

Bevi di me fino al midollo

Per me

Che ho messo via le maschere.



giovedì 15 luglio 2010

Il "nessuno" di tutti.

Sono diventato una figura da libro, una vita letta. Quello che sento senza volerlo lo sento per poter scrivere di averlo sentito. Quello che penso diventa subito parole, si mescola con immagini che lo disfano, si apre in ritmi che sono un’altra cosa. A forza di ricompormi mi sono distrutto. A forza di pensarmi, io sono ormai i miei pensieri e non più io. Ho sondato me stesso e ho lasciato cadere la sonda; vivo pensando se sono profondo oppure se non lo sono, senz’altra sonda, ormai, al di là del mio sguardo che mi mostra con chiarezza in nero, nello specchio del grande pozzo, il mio volto che mi contempla nell’atto di contemplarlo.

Come se esistesse un altro sé, come se fossimo immagine riflessa, in questo continuo gioco di rimandi può capitare di non vivere più. Si diventa fragili frasi incise su carta, personaggi e non più persone, ogni sentimento è vissuto attraverso il filtro della narrazione. Ci si vede incastonati in belle parole che ci rappresentano, ma che non possono mai essere veramente. Si vive una vita per procura, nell’attesa del cambiamento, nell’attesa che tutto si compia o che finalmente finisca. Ma esiste qualcosa che davvero ha termine? l'ingranaggio che ci ingloba prescinde da qualsiasi forma di volontà, è un continuo fluire il cui inizio si è ormai sbiadito nel ricordo e che non può finire perché proseguirà nel sogno di qualcun altro. Nessuna pace possiamo conoscere, perfino il sonno, che è una caricatura della morte, diviene tormento, susseguirsi di immagini, ombre notturne, errori che perseguitano, eco di voci senza forma.

Sono una specie di carta da gioco dal seme antico e sconosciuto sopravvissuta al mazzo perduto. Non ho alcun senso, non conosco il mio valore, non ho nulla a cui mi possa paragonare per potermi trovare, non ho nulla a cui possa servire per potermi conoscere. E così, attraverso le immagini successive con le quali descrivo me stesso (non senza verità, ma con menzogne), io vado vivendo nelle immagini più che in me, raccontandomi fino a scomparire, scrivendo con l’anima come se fosse inchiostro: un’anima che ha la sola utilità di servire a scrivere. Ma questa reazione cessa, e mi rassegno di nuovo. Torno a ciò che sono, anche se non è nulla. E una sorta di lacrime senza pianto bruciano nei miei occhi sbarrati, una sorta di angoscia che non c’è stata mi gonfia aspramente la gola secca. Ma, ahimè, non so che cosa avrei pianto se avessi pianto, né perché non ho pianto. La finzione mi accompagna come la mia ombra. E l’unica cosa che voglio è dormire.

F.Pessoa

C'ha trombato la miseria e semo rimasti incinta.



Crisi:momento di lucidità.

Eccomi di nuovo
dentro te
ci sto così bene
ma non posso più tardare
galleggio tutto intorno in ibernazione liquida
in un hotel collegato alla corrente
ma l'attesa non mi lascia a mio agio
prendo a calci la fragilità
e urlo – devo andare - aiuto
esplodo e la pace se n'è andata
bagnandomi in una nuova luce
piango e urlo - disconnesso
un cervello in rovina mi porta al petto
e nutrito dai sonnambuli.

16:30

16:35

16:53

17:01

Il tempo meccanico tenta di connettersi con il mio cervello.Di attirare la mia attenzione,sovrapponendo il nero dei numeri al nero sfumato delle mie pupille dilatate.

Sento che sta per arrivare.Ne avverto il peso.Ne percepisco l’odore acre.

Vedo muovere il mio corpo.Lo spio da uno specchio.Di schiena.

Dirigo lo sguardo in basso.Cerco ansiosamente il riflesso della mia sagoma.Quasi come avvessi il bisogno di trovare un testimone.Di afferrare la prova tangibile della mia esistenza fisica.Almeno quella.

Mi sforzo,fin quasi a vedermi sbiadire.Ho perso il controllo degli occhi.Anche quelli.

Il calore di una Lucky Strike mai fumata mi trasmette l’energia minima per portare la mano fino alla bocca.

Aspiro voracemente:ho paura di non resistere all’apnea momentanea.

Il fumo mi divora l’interno.Brucia..Lo sputo.

Mi sento respirare,come se io stessa fossi l’esterno che mi vede vivere.

Fluttuo,ma avverto la pesantezza del mio corpo.Come un ubriaco che tenta di trascinare il suo compagno di bevute,che adesso giace a terra,privo di sensi.

Eccola.Col suo corpo sinuoso,insidioso,da puttana.

E’ lei:l’incantatrice,la traditrice, l’adultera.

Il suo timbro è vibrante,ineffabile,sgraziato,metallico.

Sento il suo fuoco farsi sempre più vicino alle mie viscere in ebollizione.

Trattengo il respiro.Riconosco i tumulti della vita nel mio petto solo in uno stato di coma sensoriale.

Lei è qui.Mi sfiora viscidamente i capelli e affonda i rami delle sue dita sulla mia testa.

Sogno di fuggire dalla sua morsa:mi illudo per un tempo troppo breve,sono troppo stanca.

“Riesco a sentirli,sai?!Riesco a sentirli i gemiti della tua vittoria.”

Lei mi ha in pungo.Sono un gioco che ha già vinto in partenza.

Ma Lei insiste.Finge. Insaziabile è la sua sete di conquista. Ha bisogno di inventare persino le mie resistenze.

Sono il cadavere pronto all’autopsia. Non avverto nemmeno il bisturi della sua lingua penetrare nelle mie carni ormai fredde,inermi,plastiche come se mai avessero ospitato vita.

Strato epidermico,mucose,muscoli,organi interni:è tutto suo.

Attendo impaziente il momento in cui finirà di saziarsi di me.

Lo desidero con tutto ciò che rimane di me su quel tavolo di sangue.

Ma Lei è avida.

Lei non accetta ordini.

Lei è prepotente.

Nega ad un morto la possibilità di desiderare qualcosa che non sia Lei.

Decide di ricucirmi:non può permettersi di perdere per sempre la possibilità di giocare e vincere ancora.

Io le servo.E le servo viva.

Pasolini?"No,non si preoccupi".



Anno siderale 2010. Simpatica iniziativa della provincia di Milano. Che con insindacabile arbitriosceglie quali opere meritano d’esser mostrate al pubblico in teatro - se in linea con la politica culturale dell’assessorato - e quali da bollare. E così l’assessore alla Cultura Novo Umberto Maerna (Pdl, of course) chiede che Orgia di Pasolini venga cancellato dal programma “Invito a Teatro” perché

Mi hanno detto che sarebbe meglio non toccare temi scabrosi come l’omosessualità. Una cosa imbarazzante, qui si sta parlando di Pasolini.

Spiega Mino Bertoldo, direttore dell’ Out Off. Perché? Perché, taglia corto Renato Sarti, del Teatro della Cooperativa

Dicono che non sono in sintonia con le linee culturali dell’assessorato, che trasmettono messaggi poco positivi per i nostri giovani

Sì perché a rischio c’è anche dell’altro. Quattordiciluglioduemilaedieci. Piepaolopasolini.

Il messaggio che passa con una
censura, invece, deve essere evidentemente in sintonia con la linea culturale, qualcosa di estremamente educativo.


Fonte:http://l89.radio30metri.com/?p=4409

mercoledì 14 luglio 2010

Mi domando che madri avete avuto.
Se ora vi vedessero al lavoro
in un mondo a loro sconosciuto,
presi in un giro mai compiuto
d'esperienze cosi diverse dalle loro,
che sguardo avrebbero negli occhi?
Se fossero lì, mentre voi scrivete
il vostro pezzo, conformisti e barocchi,
o lo passate, a redattori rotti
a ogni compromesso, capirebbero chi siete?
Madri vili, con nel viso il timore
antico, quello che come un male
deforma i lineamenti in un biancore
che li annebbia, li allontana dal cuore,
li chiude nel vecchio rifiuto morale.
Madri vili, poverine, preoccupate
che i figli conoscano la viltà
per chiedere un posto, per essere pratici,
pe
r non offendere anime privilegiate,
per difendersi da ogni pietà.
Madri mediocri, che hanno imparato
con umiltà di bambine, di noi,
un unico, nudo significato,
con anime in cui il mondo è dannato
a non dare né dolore né gioia.
Madri mediocri, che non hanno avuto
per voi mai una parola d'amore,
se non d'un amore sordidamente muto
di bestia, e in esso v'hanno cresciuto,
impotenti ai reali richiami del cuore.


Madri servili, abituate da secoli
a chinare senza amore la testa,
a trasmettere al loro feto
l'antico, vergognoso segreto
d'accontentarsi dei resti della festa.
Madri servili, che vi hanno insegnato
come il servo può essere felice
odiando chi è, come lui, legato,
come può essere, tradendo, beato,
e sicuro, facendo ciò che non dice.
Madri feroci, intente a difendere
quel poco che, borghesi, possiedono,
la normalità e lo stipendio,
quasi con rabbia di chi si vendichi
o sia stretto da un assurdo assedio.
Madri feroci, che vi hanno detto:
Sopravvivete! Pensate a voi!
Non provate mai pietà o rispetto
per nessuno, covate nel petto
la vostra integrità di avvoltoi!
Ecco, vili, mediocri, servi,
feroci, le vostre povere madri!
Che non hanno vergogna a sapervi
- nel vostro odio - addirittura superbi,
se non è questa che una valle di lacrime.
È cosi che vi appartiene questo mondo:
fatti fratelli nelle opposte passioni,
o le patrie nemiche, dal rifiuto profondo
a essere diversi: a rispondere
del selvaggio dolore di esser uomini.



Pasolini
(Tratto da: "Ballata delle Madri")

"Questi mi stanno rubando la vita."

Discorso tipico dello schiavo - Silvano Agosti

Comunisti ingrati e fannulloni. - Menomale che Silvio c'è! -



"Noi abbiamo offerto a L'Aquila una vocazione che non aveva più, che aveva perso, era una città che stava morendo indipendentemente dal terremoto, e il terremoto ne ha certificato la morte civile ... il Governo avrebbe voluto fare una nuova università, una Harvard Italiana, e ci è stato detto che volevamo cementificare ... quindi siamo noi, è il Governo che deve andare
a protestare a L'Aquila, non loro
".

"Ho fatto il ricco a Portocervo:che bello!"

L'economia italiana,a detta di Giulio Tremonti e l'illustrissimo Cavaliere, è in netta ripresa. Addirittura,per il secondo la crisi non è mai esistita:"l'Italia sta bene ed è forte",come se fosse la bugia ripetuta ad un anziano malato in punto di morte.
La verità è che il governo italiano,per rimanere a galla e non esser inghiottito dalla melma putrida di cui è diretto responsabile,ha tassato persino i "fantasmi".
Non c'è da meravigliarsi: seguendo questa via,il Paese stesso diventerà "fantasma"(d'altro canto,qual è l'alternativa?L'opposizione tace,stringendo la mano alla maggioranza,facendo credere al cittadino onesto che "è inutile ribellarsi,tanto non potrà mai cambiare nulla").
"Tutta colpa delle toghe rosse,dei comunisti mangia-bambini"(Silvio dixit).
"Tutta colpa di Roma ladrona e del collasso economico della Terronia"(Bossi dixit).
Ma vi siete mai chiesti se quei quattro stronzi al governo,che sputano in faccia al nostro futuro e giocano al "piccolo illusionista" nel nostro presente,conoscano il significato della sacrosanta parola "responsabilità"?E noi cittadini,che deleghiamo al primo venuto le nostre stesse responsabilità?
Un governo responsabile,con cittadini irresponsabili,non potrà mai vedere la luce.
Un governo irresponsabile,con cittadini responsabili,potrebbe essere un punto di partenza. Perchè?Semplice. La democrazia (voglio utilizzare questa parola il più possibile,prima di vederla agonizzare e poi estinguersi)è l'insieme dei cittadini.
Se questi sono dotati di buonsenso (non chiedo mica la luna?!)e di un minimo di senso del dovere,il seme della rivolta contro una fantomatica mignottocrazia è già piantato.
Ma l'aria di vacanze è ormai alle porte:non posso chiedere all'italiano medio di rinunciare alle sue ferie (anticipazione di debiti futuri) e tediarlo con inutili soliloqui da strapazzo.
Qualcuno mi disse che ognuno ha le sue priorità:è vero!La priorità di Berlusconi è la costruzione di un regime totalitario mascherato da Signora Democrazia (in Italia è sempre carnevale,si sa!);la priorità dell'impiegato,sottopagato e tassato per le prossime sei generazioni,è trovare un'offerta Low cost per una vacanza paradisiaca "al fresco";la mia priorità è comprarmi un thè freddo al limone(con doppio ghiaccio) e fingere di essere a Miami beach:l'immaginazione non è ancora a pagamento,vero?Meglio chiedere,prima di fare un salto nel vuoto.
Buon letargo.
Liar.

L'Aquila:una città morta.

Lettera di un’aquilana:

Lettera di un’aquilana

Ieri mi ha telefonato l’impiegata di una società di recupero crediti, per conto di Sky.Mi dice che risulto morosa dal mese di settembre del 2009. Mi chiede come mai. Le dico che dal 4 aprile dello scorso anno ho lasciato la mia casa e non vi ho più fatto ritorno, causa terremoto. Il decoder Sky giace schiacciato sotto il peso di una parete crollata. Ammutolisce.
Quindi si scusa e mi dice che farà presente quanto le ho detto a chi di dovere, poi, premurosa, mi chiede se ora, dopo un anno, è tutto a posto. Mi dice di amare la mia città, ha avuto la fortuna di visitarla un paio di anni fa. Ne è rimasta affascinata. Ricorda in particolare una scalinata in selci che scendeva dal Duomo verso la basilica di Collemaggio, mi sale il groppo alla gola. Le dico che abitavo proprio lì. Lei ammutolisce di nuovo. Poi mi invita a raccontarle cosa è la mia città oggi. Ed io lo faccio. Le racconto del centro militarizzato. Le racconto che non posso andare a casa mia quando voglio. Le racconto che, però, i ladri ci vanno indisturbati. Le racconto dei palazzi lasciati lì a morire. Le racconto dei soldi che non ci sono, per ricostruire. E che non ci sono neanche per aiutare noi a sopravvivere. Le racconto che, dal primo luglio, torneremo a pagare le tasse ed i contributi, anche se non lavoriamo. Le racconto che pagheremo l’Ici ed i mutui sulle case distrutte e ripartiranno regolarmente i pagamenti dei prestiti. Anche per chi non ha più nulla. Che, a luglio, un terremotato con uno stipendio lordo di 2.000 euro vedrà in busta paga 734 euro di retribuzione netta. Che non solo torneremo a pagare le tasse, ma restituiremo subito tutte quelle non pagate dal 6 aprile. Che lo stato non versa ai cittadini senza casa, che si gestiscono da soli, ben ventisettemila, neanche quel piccolo contributo di 200 euro mensili che dovrebbe aiutarli a pagare un affitto.
Che i prezzi degli affitti sono triplicati. Senza nessun controllo.
Che io pago, in un paesino di cinquecento anime, quanto Bertolaso pagava per un appartamento in via Giulia, a Roma. La sento respirare pesantemente. Le parlo dei nuovi quartieri costruiti a prezzi di residenze di lusso. Le racconto la vita delle persone che abitano lì. Come in alveari senz’anima. Senza neanche un giornalaio o un bar. Le racconto degli anziani che sono stati sradicati dalla loro terra lontani chilometri e chilometri. Le racconto dei professionisti che sono andati via. Delle iscrizioni alle scuole superiori in netto calo.
Le racconto di una città che muore e lei mi risponde, con la voce che le trema. “Non è possibile che non si sappia niente di tutto questo. Non potete restare così. Chiamate i giornalisti televisivi. Dovete dirglielo, chiamate la stampa. Devono scriverlo”. Loro non scrivono voi fate girare.

su Liberazione – 8 luglio 2010

martedì 13 luglio 2010

Parole arrotolate sulla lingua,

crocifisse sul legno dei tuoi silenzi,

dei miei.

Parole vomitate,

sputate,

urlate,

sussurrate.

Parole non dette.

Parole non tue.

Parole non mie.

"Larghe intese sì, larghe intese no, forse finalmente si potrebbero realizzare quelle riforme delle quali il paese avrebbe tanto bisogno..”, dixit Casini, ripetè Bondi, celebrò il cardinal Bertone, allargò forse le braccia il governatore Draghi, versò il vino il padrone di casa.
Suvvia!Non siate i soliti malpensanti! Tutto è normale, è normale la cena, ma soprattutto è normale che, il giorno dopo, si apra una discussione sulla necessità di aprire una nuova fase, di governare tutti insieme, magari con la benedizione di quella parte della chiesa che, in questi ultimi tempi, ha chiuso sulla questione morale e sulla disgregazione etica, non un occhio, ma tutti e due.

-Micromega-

Il Padreterno tende ancora la mano: ma non gli hanno insegnato che non esiste solo la destra?

Dopo il terremoto dell'Aquila, manna dal cielo per l'Illustrissimo Cavaliere e il suo governo di gentiluomini ben "accompagnati",la grazia dell'Altissimo torna a baciare in bocca la destra italiana (barzelletta vivente persino per gli euro-simpatizzanti di destra). Tranquilli,non è il Premier l'eletto: si tratta del vicepresidente del consiglio dei ministri dei governi Berlusconi II e III,nonchè attuale presidente della Camera dei deputati.
Sì,avete capito bene,è proprio Lui:Gianfranco Fini (notate la differenza?).




Alcuni,molto vicini al ministro,raccontano di aver intravisto uno spiraglio di luce illuminare per la prima volta la testa dell'ex presidente di An durante il rumoroso dibattito circa il ddl Alfano sulle intercettazioni (ancora in corso). Nessuno poteva immaginare (neppure il Divino Otelma) che egli stesso sarebbe diventato una torcia umana per l'Italia legalitaria,non senza sentiti ringraziamenti rivolti al ministro del nulla Brancher e all'uccellin senza gabbia del B. nazionale.
Ma il piano del "colpaccio" inizia a delinearsi solo adesso con maggior vigore.L'ennesima puntata del romanzo crimanale targato Pdl (P2 o P3?) recita come titolo odierno:"Scandalo eolico"-guest stars Marcello Dell'Utri,Nicola Cosentino.
L'opposizione (illudiamoci che esista ancora in Italia),guidata dal coraggioso "giustiziere" Di Pietro,diffonde nell'aria il suo urlo di battaglia:"Fuori Cosentino".
Ma manca ancora un ingrediente essenziale per un copione degno della peggiore tragicommedia umana:il popolo romano attende impaziente il segnale del nuovo valoroso condottiero ("Al mio segnale scatenate l'inferno").
Riuscirà il nostro "eroe" a riportare la pace sul nostro pianeta?
E il caro Silvio? Avrà conservato qualche coniglio nel suo magico cilindro?
Questo ed altro nella prossima puntata di "Romanzo Criminale:porcate legalizzate".Non perdetela.

Buon letargo.
Liar.

lunedì 12 luglio 2010

"Quando non coincide più l'immagine che hai di te con quello che realmente sei."

Lieve.

Inutile ingombro di vite.
Mi cerco in ogni luogo,
in ogni sguardo,
in ogni stretta di mano.
Non mi trovo.
Sono già via.
Sono già oltre.
Rimane l'involucro.
Forma senza vita.
Forma senza lacrime.
Forma senza forma.

La rabbia e l'orgoglio.

Mi chiedi di parlare, stavolta. Mi chiedi di rompere almeno stavolta il silenzio che ho scelto, che da anni mi impongo per non mischiarmi alle cicale. E lo faccio. Perché ho saputo che anche in Italia alcuni gioiscono come l' altra sera alla Tv gioivano i palestinesi di Gaza. «Vittoria! Vittoria!». Uomini, donne, bambini. Ammesso che chi fa una cosa simile possa essere definito uomo, donna, bambino. Ho saputo che alcune cicale di lusso, politici o cosiddetti politici, intellettuali o cosiddetti intellettuali, nonché altri individui che non meritano la qualifica di cittadini, si comportano sostanzialmente nello stesso modo. Dicono: «Bene. Agli americani gli sta bene». E sono molto molto, molto arrabbiata. Arrabbiata d'una rabbia fredda, lucida, razionale. Una rabbia che elimina ogni distacco, ogni indulgenza. Che mi ordina di rispondergli e anzitutto di sputargli addosso. Io gli sputo addosso. Arrabbiata come me, la poetessa afro-americana Maya Angelou ieri ha ruggito: «Be angry. It' s good to be angry, it' s healthy. Siate arrabbiati. Fa bene essere arrabbiati. È sano». E se a me fa bene io non lo so. Però so che non farà bene a loro, intendo dire a chi ammira gli Usama Bin Laden, a chi gli esprime comprensione o simpatia o solidarietà. Hai acceso un detonatore che da troppo tempo ha voglia di scoppiare, con la tua richiesta. Vedrai. Mi chiedi anche di raccontare come l'ho vissuta io, quest'Apocalisse. Di fornire insomma la mia testimonianza. Incomincerò dunque da quella.

Ero a casa, la mia casa è nel centro di Manhattan, e alle nove in punto ho avuto la sensazione d' un pericolo che forse non mi avrebbe toccato ma che certo mi riguardava. La sensazione che si prova alla guerra, anzi in combattimento, quando con ogni poro della tua pelle senti la pallottola o il razzo che arriva, e rizzi gli orecchi e gridi a chi ti sta accanto: «Down! Get down! Giù! Buttati giù». L' ho respinta. Non ero mica in Vietnam, non ero mica in una delle tante e fottutissime guerre che sin dalla Seconda Guerra Mondiale hanno seviziato la mia vita! Ero a New York, perbacco, in un meraviglioso mattino di settembre, anno 2001. Ma la sensazione ha continuato a possedermi, inspiegabile, e allora ho fatto ciò che al mattino non faccio mai. Ho acceso la Tv. Bè, l' audio non funzionava. Lo schermo, sì. E su ogni canale, qui di canali ve ne sono quasi cento, vedevi una torre del World Trade Center che bruciava come un gigantesco fiammifero. Un corto circuito? Un piccolo aereo sbadato? Oppure un atto di terrorismo mirato? Quasi paralizzata son rimasta a fissarla e mentre la fissavo, mentre mi ponevo quelle tre domande, sullo schermo è apparso un aereo. Bianco, grosso. Un aereo di linea. Volava bassissimo. Volando bassissimo si dirigeva verso la seconda torre come un bombardiere che punta sull' obiettivo, si getta sull' obiettivo. Sicché ho capito. Ho capito anche perché nello stesso momento l' audio è tornato e ha trasmesso un coro di urla selvagge. Ripetute, selvagge. «God! Oh, God! Oh, God, God, God! Gooooooood! Dio! Oddio! Oddio! Dio, Dio, Dioooooooo!» E l' aereo s' è infilato nella seconda torre come un coltello che si infila dentro un panetto di burro. Erano le 9 e un quarto, ora. E non chiedermi che cosa ho provato durante quei quindici minuti. Non lo so, non lo ricordo. Ero un pezzo di ghiaccio. Anche il mio cervello era ghiaccio. Non ricordo nemmeno se certe cose le ho viste sulla prima torre o sulla seconda. La gente che per non morire bruciata viva si buttava dalle finestre degli ottantesimi o novantesimi piani, ad esempio. Rompevano i vetri delle finestre, le scavalcavano, si buttavano giù come ci si butta da un aereo avendo addosso il paracadute, e venivano giù così lentamente. Agitando le gambe e le braccia, nuotando nell' aria. Sì, sembravano nuotare nell' aria. E non arrivavano mai. Verso i trentesimi piani, però, acceleravano. Si mettevano a gesticolar disperati, suppongo pentiti, quasi gridassero help-aiuto-help. E magari lo gridavano davvero. Infine cadevano a sasso e paf!
Sai, io credevo d' aver visto tutto alle guerre. Dalle guerre mi ritenevo vaccinata, e in sostanza lo sono. Niente mi sorprende più. Neanche quando mi arrabbio, neanche quando mi sdegno. Però alle guerre io ho sempre visto la gente che muore ammazzata. Non l' ho mai vista la gente che muore ammazzandosi cioè buttandosi senza paracadute dalle finestre d' un ottantesimo o novantesimo o centesimo piano. Alle guerre, inoltre, ho sempre visto roba che scoppia. Che esplode a ventaglio. E ho sempre udito un gran fracasso. Quelle due torri, invece, non sono esplose. La prima è implosa, ha inghiottito se stessa. La seconda s' è fusa, s' è sciolta. Per il calore s' è sciolta proprio come un panetto di burro messo sul fuoco. E tutto è avvenuto, o m' è parso, in un silenzio di tomba. Possibile? C' era davvero, quel silenzio, o era dentro di me? Devo anche dirti che alle guerre io ho sempre visto un numero limitato di morti. Ogni combattimento, duecento o trecento morti. Al massimo, quattrocento. Come a Dak To, in Vietnam. E quando il combattimento è finito, gli americani si son messi a raccattarli, contarli, non credevo ai miei occhi. Nella strage di Mexico City, quella dove anch' io mi beccai un bel po' di pallottole, di morti ne raccolsero almeno ottocento. E quando credendomi morta mi scaraventarono nell' obitorio, i cadaveri che presto mi ritrovai intorno e addosso mi sembrarono un diluvio. Bè, nelle due torri lavoravano quasi cinquantamila persone. E ben pochi hanno fatto in tempo ad evacuare. Gli ascensori non funzionavano più, ovvio, e per scendere a piedi dagli ultimi piani ci voleva un' eternità. Fiamme permettendo.
Non lo conosceremo mai, il numero dei morti. (Quarantamila, quarantacinquemila...?). Gli americani non lo diranno mai. Per non sottolineare l' intensità di questa Apocalisse. Per non dar soddisfazione a Usama Bin Laden e incoraggiare altre Apocalissi. E poi le due voragini che hanno assorbito le decine di migliaia di creature son troppo profonde. Al massimo gli operai dissottèrrano pezzettini di membra sparse. Un naso qui, un dito là. Oppure una specie di melma che sembra caffè macinato e invece è materia organica. Il residuo dei corpi che in un lampo si polverizzarono.
Oriana Fallaci.